lunedì 17 novembre 2014

Del fare presto quassicosa perché siamo in emergenza

In questo paese le abbiamo ormai viste tutte, semplicemente dovremmo non dimenticarle.

Non le abbiamo però ancora sentite tutte, ad esempio non ricordo un sottosegretario affermare un'idiozia come “uno Stato serio deve essere al fianco di coloro che ripristinano la sicurezza che non devono avere il timore di essere inquisiti o di non avere risorse”!

Ad un tempo, rassicurando 'loro' dal rischio di essere inquisiti,

  • si esalta la decretazione d'urgenza come normale atto di governo anche a livello locale dando per scontato che la sicurezza possa ripristinarsi con un tratto di penna di qualche mitico e illuminato amministratore,
  • si sostiene un generico (e si direbbe anche scemo se non fosse criminogeno) "meglio presto che bene" che, a proposito di soluzioni affrettate e affrettatamente dimenticate, basterebbe ricordarsi di come sta andando ora il 'miracolo aquilano' per capire quanto ciò vada CONTRO la "sicurezza delle persone",
  • si tenta un condizionamento neanche troppo velato sulla magistratura cui per legge tocca il controllo di legalità e cioè di porre un qualche rimedio, inevitabilmente ex-post, alle politiche sbagliate - anche per troppa fretta - o almeno di individuare delle responsabilità,
  • ma soprattutto, con la perla "Le leggi esistono ma prima viene l'incolumità delle persone" si prova a mettere un abisso tra uno stato visto ormai come macchinario puramente burocratico che gira perlopiù a vuoto e la più fondamentale delle funzioni pubbliche: la difesa e garanzia della sicurezza del cittadino!


Ma perché, queste leggi brutte e cattive chi le fa?

Si propugna una tale visione, spesso giustificata da lentezza e inefficienza cui la leva renziana non è certo estranea - basta dare un'occhiata alla quantità di decreti attuativi che ancora stanno in attesa - più o meno dai primi tempi del celodurismo legaiolo, per contestare chi sta al governo - nell'attesa, come abbiamo poi sperimentato, di prenderne il posto e far di peggio - ma che affermazioni simili vengano da un sottosegretario, poi da uno tanto vicino alla grazia del nuovo unto, è quantomeno ridicolo!

Tutto ciò dando per scontato che non si usi l'emergenza (perenne) per favorire gli amici, come successo praticamente ogni volta!

martedì 28 ottobre 2014

La nebbia dall'alto colle

Ancora una volta le istituzioni di questo paese calpestano i diritti dei cittadini, ma quello che sta avendo luogo ora, mentre scrivo, è un assurdo bubbone, un inguardabile frankenstein giuridico che non ha precedenti e non perché sarà la prima volta che l'inquilino del colle più alto viene ascoltato come testimone in un processo per mafia, quella è 'solo' una vergogna epocale.

Ma in questi tempi ne abbiamo collezionate tante.

Ben più bruciante e vergognoso è che ciò possa avvenire nel più sordo doppio disprezzo sia dei diritti delle difese e delle parti civili ad esercitare il loro ruolo nel processo che li vede coinvolti, sia dei diritti dei cittadini di questo paese che vedono improvvisamente cancellato il loro fondamentale diritto
  • ad essere informati di ciò che avviene in un processo pubblico;
  • a venire a conoscenza di cosa accadde in un momento nodale per la Storia del proprio paese, attraverso una testimonianza diretta di chi al tempo rivestiva uno degli incarichi pubblici più alti del nostro ordinamento e che ora siede ancora più in alto (!);
  • a valutare, anche sulla base di quel che sta avvenendo nel procedimento e di come questa testimonianza vi si inserisce, la condotta di chi quelle istituzioni incarna.

Tre violazioni sfacciate del senso stesso dell'ordinamento democratico, promosse e attuate, ancora una volta, dalla più alta istituzione di questa Repubblica, super partes per eccellenza!
Quella che la Costituzione italiana pone a garanzia dei diritti di tutti e a salvaguardia della Carta stessa, dunque della stessa integrità dello Stato che invece da tempo, in un assordante silenzio si sta adoperando per smantellare, pezzo per pezzo, esercitando pressioni che definire illecite e illegittime è riduttivo!

Bruciante è pure che questa invadenza non sia evidenziata, ostacolata, censurata da chi potrebbe e dovrebbe farlo, il potere esecutivo, che spesso invece ne è beneficiario e coprotagonista, il potere giudiziario e quello legislativo che ne sono vittime, ma talvolta anche complici!

Imbarazzante e vergognosa è poi la condotta della gran parte della stampa, specialmente quella più 'autorevole', ormai un cagnolino da compagnia del potere!
Nella prima pagina del corriere di oggi infatti della notizia della testimonianza non v'è alcuna traccia e ieri, dalle pagine del 'maggiore quotidiano italiano', è stata timidamente avanzata la richiesta della presenza di reporter ma a protezione di «prestigio e autorevolezza del supremo organo costituzionale»!!

E se a qualcuno può sembrare azzardato paragonare questa testimonianza a quella del presidente usa nel caso Clinton-Lewinsky, correttamente oggi Travaglio ricorda che il video di quell'interrogatorio all'uomo più potente del mondo fece il giro del mondo «e qualche miliardo di persone poté farsi un'idea della sincerità del presidente usa da ogni smorfia e piega del suo volto».
È probabilmente questa la cosa che più infastidisce e spaventa 're giorgio'.




È dell'altro ieri l'uscita del ministro boschi - a proposito di istituzioni che distruggono la Carta e smantellano lo Stato - su Fanfani, mentre questa vicenda a me fa pensare a un quasi omonimo, Forlani - un altro politico che messo accanto a quelli attuali pare un gigante - e a un'immagine che resterà indelebile nella mia memoria di ragazzo ma risulta introvabile.

martedì 21 ottobre 2014

Tutto torna

Gli analfabeti funzionali in Italia sono 3 su 10, dunque quasi 1 persona su 3 non è capace “di comprendere, valutare, usare e farsi coinvolgere con testi scritti per intervenire attivamente nella società, per raggiungere i propri obiettivi e per sviluppare le proprie conoscenze e potenzialità”.

Naturalmente questa gente occupa nella società un ruolo e agisce, come tutti, in base alla comprensione della realtà che deriva loro dalle capacità di percepire e analizzare i fatti e le opinioni cui possono e vogliono avere accesso.

Ciò è principalmente dovuto allo stato della nostra scuola, non a caso vittima da decenni di una sorta di continuo schiaffo del soldato da parte del governo di turno - tranne il governo letta, ma renzi ha deciso di rimediare - si capisce dunque come sia possibile che quest'uomo possa impunemente millantare - o peggio avere - tutto questo consenso che i media si affannano ad attribuirgli.


Non deve quindi sorprendere né che ormai tutti i partiti si affidino a leader carismatici che sappiano mantenere vuoto il simulacro di democrazia che, per far finta di rispettare l'art. 49, ciascun partito si è dato; né che di questa situazione siano ben felici la stragrande maggioranza di militanti, iscritti, simpatizzanti, ormai perfettamente definibili dalla parola "tifosi".
Quando non direttamente "credenti".

mercoledì 10 settembre 2014

Il torto marcio

Ce l'ho col pd?
Si! Ce l'ho col pd!!

Lo dico col giusto livore, almeno per questoquesto, questoquesto e quest'altro motivo, e ce ne sono molti altri.
Questo però è così stupido, evidente e pesante.. un macigno che ho provato a ignorare o a tenere sotto il pelo della mia coscienza finora, ma adesso basta.

È ormai Cassazione che il pd ha fatto un favorone alla mafia inserendo nella formulazione del 416ter quelle due paroline "modalità mafiose" che indeboliscono di molto la concreta possibilità di applicarlo e dunque il senso stesso del reato.




Nonostante le molte critiche e richieste di modifiche, nei giorni a cavallo al fattaccio non c'è stato tiggì o talk show in cui un politicante piddino non abbia - come sempre fanno - abbaiato sordo, sostenendo fieramente quel gesto coi soliti vuoti e falsi slogan. Qui un esempio particolarmente eloquente:




Giustamente, tra gli altri, Gianni Girotto (m5s) ha ricordato l'ostinazione del suo schieramento nel fare opposizione e nel dare visibilità alle proprie ragioni, che è spesso costata loro provvedimenti disciplinari comminati da presidenti ottusi, intolleranti e insofferenti come a voler privare la democrazia del fondamentale controllo che solo una decisa, attenta, magari intransigente, obbligatoriamente fastidiosa opposizione può e deve garantire.


Questa è stata una delle purtroppo molte occasioni in cui viene tracciata una linea netta tra chi cerca il bene della collettività, ha il rispetto della funzione pubblica, della legalità costituzionale, e chi no anche se a volte finge.

E lo sottolineo, FINGE.
Perché l'ignoranza in buona fede non può esistere a certi livelli, lassù ove si puote ciò che si vuole o quasi, se c'è ignoranza è solo per colpevole indifferenza
Il resto è volontaria azione sovversiva, doloso attentato contro la Costituzione dello Stato.
Reato che non a caso è stato a sua volta svuotato di senso!

Linee nette così tracciate nei vari temi come l'ambiente, la cultura, la giustizia, la sanità, l'informazione, l'istruzione - su cui la 'politica politicante' passa di solito come un bulldozer, come si diceva una volta, ora invece si dice 'frecciarossa' che fa più nuovo ed elegante - compongono insieme, banalmente, la funzione pubblica!
E quelli che scelgono di stare dall'altra parte sono, altrettanto banalmente, dei criminali sovversivi.
Specialmente se ad essi sono affidate funzioni pubbliche!
Ancor più se hanno prestato giuramento di fedeltà alla Costituzione!!


Ce l'ho col pd perché su ciascuno di quei temi si è più volte schierato - in torto marcio, ma con stolida fierezza! - al di là di quelle linee, al di fuori di quel perimetro.
In ognuno di quei casi TRADENDO la propria storia, la propria tradizione, lo stesso motivo della propria esistenza e del consenso dei suoi molti 'aficionados' evidentemente troppo distratti o troppo occupati a mettere insieme il pranzo con la cena per avere anche il tempo e la voglia di formarsi un consenso consapevole.

Nell'attesa di vedere qualcuno pagare per i danni immani che ne sono seguiti, ce l'ho col pd e con tutti quei 'complici e profittatori' che 'sanno quello che fanno' e 'tacciono e quello che sanno'.

Nell'attesa di una tale epifania, buon anno.



venerdì 5 settembre 2014

I rischi dell’ “antipolitica” tra legge elettorale e referendum (*)

Siamo onorati - ma non felici - di omaggiare il prof Gaetano Azzariti (ri)pubblicando una sua analisi molto profonda e interessante che, a 7 anni esatti dalla sua pubblicazione, che in alcuni punti si direbbe visionaria se non fosse che è questo paese a non cambiare, se non in peggio e in ogni caso a peggiorare senza alcuna fantasia.


1. Impressionanti le cifre che abbiamo letto sui quotidiani nei giorni passati (Ilvo Diamanti su “La Repubblica”) e che sono alla base della preoccupata discussione sull’ “ondata antipolitica”: circa il 70% degli italiani non si sente rappresentato nelle istituzioni; addirittura l’82% degli italiani non ha fiducia nel ceto politico e ritiene che esso operi per interesse proprio e non per il bene pubblico.
Dati drammatici che dovrebbero preoccupare tutti i cittadini, gli studiosi e i politici in primo luogo, non solo perché coinvolge la legittimazione ultima e sostanziale del ceto politico e di governo attualmente dominante in Italia, ma anche perché rischia di travolgere l’intero sistema politico, logorando pericolosamente il tessuto democratico del nostro Paese.
In questa situazione, io credo, c’è una domanda di fondo che deve condizionare ogni nostra riflessione, ogni comportamento o giudizio politico, e non mi riferisco solo alla nostra odierna discussione sui sistemi elettorali.
La domanda è la seguente: le leggi elettorali ovvero la normativa che verrebbe ad essere introdotta dall’eventuale esito positivo del referendum, favoriscono o riducono l’insopportabile e grave distacco tra classe politica e opinione pubblica? Ove si ritenesse – o si accertasse – che il divario tra il “Palazzo” e la “piazza” venga ad accentuarsi, già ciò solo dovrebbe indurre ad abbandonare la strada fin qui percorsa che ha condotto ad approvare la legge elettorale vigente. Perderebbe, inoltre, tutta la sua attrattiva anche il referendum proposto, il quale anziché porsi come strumento di partecipazione popolare, si rivelerebbe un ulteriore strumento di separazione tra ceto politico e società civile, rimanendo – il referendum, così come la legge elettorale - all’interno della logica “politicistica” da tutti criticata e che ha reso sempre più autoreferenziale il ceto politico italiano.
Esporrò rapidamente le ragioni per le quali, ahimé, io temo che tanto le leggi elettorali, quanto la normativa di risulta definita dai quesiti referendari, rischiano di accentuare il distacco tra politica e società in questa situazione non semplice.
Ragioni di tempo mi impediscono di soffermarmi sul passato, anche se un'osservazione di carattere generale vorrei farla. La lunga transizione italiana, almeno dal 1993 (ma il tema della governabilità è ancor più risalente), è stata dominata dalla ricerca di maggiore governabilità, dal tentativo inesausto di dare sempre maggiore stabilità ai Governi. Mi chiedo se non si sia ecceduto, soprattutto in retorica: affermando di voler “restituire lo scettro al principe”, ma di fatto promuovendo un sistema politico e della rappresentanza che sostanzialmente ha esasperato il suo carattere autoreferenziale. Dibattiti politici e campagne elettorali sempre più dominate dalla competizione tra leader espressione di apparati sempre più professionali e sempre meno collegati agli interessi sociali hanno progressivamente trasformato la rappresentanza politica in un vuoto simulacro e le elezioni il mezzo tecnico per la scelta delle élite di governo, spesso percepite come meri gruppi di potere al governo del Paese.
Senza poter discutere la tesi che ho esposto e che certamente richiederebbe di essere compiutamente valutata, mi soffermo qui brevemente solo sulla legge elettorale vigente e sul referendum per quanto riguarda la normativa di risulta.
Con riferimento alla legge Calderoli credo che la distanza che separa rappresentanti e rappresentati si evidenzia soprattutto nel meccanismo delle liste bloccate: esso ha garantito ai partiti la scelta dei parlamentari, ma ha al tempo stesso accentuato la distanza con il corpo elettorale. Non ha torto l'opinione pubblica quando si lamenta di non poter più scegliere i parlamentari. Ha ragione sotto questo profilo chi rileva che ormai i rappresentanti del popolo sono in realtà “nominati” dai partiti. Credo inoltre che un tale sistema sia tra le principali cause dell’evidente crisi in cui versa il Parlamento; un organo di rappresentanza popolare i cui membri sono stati designati esclusivamente per meriti di partito. Il referendum su questo delicato profilo non interviene, si limita, nel terzo quesito, a vietare le candidature multiple.
Vi è di più: non solo il referendum non appare un rimedio efficace alle più evidenti storture della normativa vigente (le liste bloccate, ma anche molto altro), oltre a ciò la normativa di risulta che deriverebbe dal ritaglio operato dall’abrogazione referendaria finirebbe anche per accentuare il distacco tra società civile e ceto politico. Concedere infatti ad una sola lista un premio di maggioranza abnorme, non prevedendo alcuna soglia minima per essere attribuito, rendendo ininfluenti i voti assoluti riportati, al fine di assicurare in ogni caso la maggioranza dei seggi ad un solo soggetto politico (sia una lista espressione di un unico partito, sia un listone espressione di un eccentrico mucchio politico-partitico, in fondo per le considerazioni che si stanno qui svolgendo non importa), appare una spericolata ingegneria costituzionale, una forzatura contronatura, che non potrà sortire effetti di riavvicinamento tra elettori ed eletti. Il premio si configura come un vero “dono divino” attribuito al vincitore di una competizione politica, per sottrarlo agli umori ed alle incertezze di un corpo elettorale diviso. Una “lista” vincitrice non per volontà degli uomini e delle donne, ma grazie ad un “premio” ricevuto da un meccanismo elettorale disumano, sostanzialmente indifferente al suffragio.
Potendo governare anche senza il volere della maggioranza degli elettori o comunque non essendo determinante la conquista di un suffragio esteso, potendo conquistare la maggioranza parlamentare anche solo per le divisioni altrui e non per forza propria, alla “lista” si apre ogni possibilità di tatticismo politico. La competizione è tra liste inanimate, le quali non hanno in fondo più bisogno di una effettiva legittimazione popolare, ma solo di vincere sul piano della tattica e della tecnica, della furbizia e dell’immagine. Un sistema di traduzione dei voti in seggi che non ritengo possa ridurre la distanza del ceto politico dall'opinione pubblica, almeno di quella opinione pubblica che aspira a scegliere i suoi rappresentanti politici e che invece vedrebbe un unico gruppo (partito/partiti, lista/listone) “magicamente” al comando. Non sarà più un “uomo solo al comando”, però si avrà una sola lista al comando, cosa poi si celi dietro l’inanimata “lista” (un partito, un leader, più partiti, più lobby, amici sodali o nemici opportunisti) non è dato sapere, sarà il “giuoco” della politica e delle alleanza a definirlo di volta in volta sulla base di calcoli pre-elettorali, rimessi al libero arbitrio dei soggetti politici, che non saranno sempre trasparenti. Per chi punta ad una riduzione della distanza tra ceto politico e opinione pubblica non mi sembra un gran successo, anzi un drammatico ulteriore passo indietro.
In tutti i casi credo che si sia sotto stimato gravemente il problema vero e drammatico della rappresentanza, accecati dalla governabilità, non si è avvertito che un sistema politico in una democrazia pluralista può trovare la sua efficienza solo se riesce a coniugare le logiche del governo con quelle della rappresentanza della società frammentata e divisa.
Ancora questa mattina ho sentito l'onorevole Fassino denunciare le difficoltà del sistema politico di pervenire ad una “decisione”, e le esemplificazioni che ci ha proposto sono parse significative in proposito. Personalmente concordo con quanto ci è stato ricordato. Nondimeno credo che sarebbe importante sottolineare che le inefficienze della politica, le incapacità a decidere sono rese possibili proprio dall’assenza di ogni responsabilità politica gravante sui soggetti titolari degli organi competenti. Conseguenza e non causa di una responsabilità politica che si è andata nel tempo isterilendo, finendo per non corrispondere più ad alcunché di reale: una mera “finzione” di rappresentanza, che lascia liberi i rappresentanti di governare senza responsabilità, che lascia libero sfogo ai tatticismi esasperati dei piccoli e dei grandi partiti, dei tanti leader in cerca di visibilità. Non credo cioè che la paralisi decisionale si possa imputare ad un eccesso di rappresentanza del sistema politico. Personalmente penso l’inverso: è il difetto di rappresentanza politica del sistema che ha favorito la irresponsabilità dei competitori politici in un sistema che si ritiene in fondo libero da ogni vincolo programmatico, anche se formalmente contratto tra le parti che ottengono la maggioranza parlamentare. Ciò che conta, in ultima analisi, è solo immagine e visibilità, sperando di potersi ripresentare ogni volta “vergini” dinanzi all’incorporeo ed estraneo elettore/spettatore.
2. Credo sia giunto il tempo di cambiare passo. Ritengo non possa più eludersi il tema della rappresentanza effettiva. Temo che l’inconsapevolezza o la pigrizia rischi di trascinare il ceto politico italiano (complessivamente e dunque anche genericamente considerato) verso un punto di delegittimazione che fa temere per le sorti del sistema politico complessivo. D’altronde proprio in questi giorni sono state pronunciate parole di grande preoccupazione da parte di autorevolissimi esponenti politici, evidentemente non ignari dei pericoli.
La via da intraprendere se ci si volesse muovere entro una nuova prospettiva, innovativa rispetto al passato, non sarebbe ardua da individuare, né sarebbe difficile percorrere. In fondo è già stato detto: si tratta di coniugare governabilità e rappresentatività dovendo essere rivalutate entrambe se si vuole ridurre la distanza tra rappresentanti e rappresentati, ed assieme dare maggiore legittimazione e forza alle decisioni politiche. Neppure sarebbe complicato individuare i meccanismi istituzionali e politici per poter far valere entrambe le esigenze richiamate e innestare un processo politico virtuoso per recuperare la perduta legittimazione, come subito indicherò.
Ma prima di elencare le misure necessarie per garantire rappresentanza e governabilità è opportuno non nascondere quello che appare il primo e più alto ostacolo da superare. La maggiore difficoltà – l’enorme macigno che ostruisce la via – è d’ordine culturale e politico. Si tratta, infatti, di superare l’ostilità diffusa nei confronti delle logiche proporzionaliste della rappresentanza. Non sono molti in realtà ancor oggi coloro che in Italia, sfuggendo alla retorica maggioritaria, sono disposti ad ammettere che un sistema elettorale fondamentalmente proporzionale possa tranquillamente coniugarsi con le logiche separate, ma non autonome, della governabilità. Eppure appare di tutta evidenza, basta alzare lo guardo oltre la polemica politica spicciola. Basterebbe prendere sul serio le logiche proporzionaliste della rappresentanza (che, come subito dirò, non sono prive di problematicità e anche di pericoli) e conformarle ad un sistema complesso in cui la ricchezza del pluralismo sociale sia conservata e la stabilità della decisione politica sia facilitata. Resistenze, preconcetti e ostilità diffuse impediscono, invero, di prendere in considerazione uno scenario effettivamente innovativo rispetto alla paralizzante situazione attuale e – secondo gli auspici – in grado di ridurre quel gap tra opinione pubblica e politica che è alla base di queste preoccupate considerazioni.
Non ho il tempo per soffermarmi ad esaminare nello specifico le diverse possibili opzioni o modelli elettorali d’impianto proporzionale che, al contempo, si fanno carico delle ragioni della “governabilità”. Mi limiterò pertanto ad un rapido elenco di problemi. Mi riferisco d’altronde a misure ben note.
Si afferma, con qualche ragione, che nel nostro Paese un sistema proporzionale “puro” rischia di produrre un’insostenibile polverizzazione della rappresentanza in Parlamento, con l’effetto di rendere fragile ogni possibile compromesso parlamentare. In tal caso la dialettica parlamentare finirebbe per degenerare nel particolarismo degli interessi, non riuscendo a pervenire alla necessaria sintesi politica di carattere generale. Per evitare quest’esito - infausto per l’intero sistema rappresentativo – si ritiene utile introdurre dei correttivi nella distribuzione dei seggi pur volendo salvaguardare la logica proporzionalistica.
La prima misura normalmente richiamata è rappresentata dal premio di maggioranza. Una regola elettorale che può adottarsi quale che sia il sistema prescelto, alterando l’esito del voto e modificando la distribuzione dei seggi per “premiare” uno tra i contendenti (o un gruppo di questi). Uno strumento, a mio modo di vedere, contronatura, che ha grande successo nel nostro Paese (dalla legge Acerbo alla normativa della legge attualmente vigente, passando per la legge truffa e prospettando da ultimo un premio neppure più alle coalizioni ma solo di lista così come disegnato dal ritaglio del quesito referendario), ma che non trova analoghi in nessun altro sistema elettorale dei Paesi occidentali di democrazia pluralista.
Personalmente ritengo che tanto la normativa vigente, quanto quella che risulterebbe dall’esito positivo della consultazione referendaria, siano incostituzionali (tanto l’irrazionalità dei premi regionali alle liste o coalizioni che si presentano al Senato nella legge Calderoli, quanto la mancanza di una soglia nell’un caso e ancor più nell’altro, a mio modo di vedere, si pongono in contrasto con gli artt. 1, 48 e 49 della Costituzione). Ma, in fondo, è la logica del “premio” che mi sembra criticabile. Tanto più se si considera che un’altra misura, ben più significativa, potrebbe essere adottata.
Ci si riferisce evidentemente alla soglia di sbarramento, che, se posta al 5%, nel contesto italiano, sarebbe tutt’altro che irrilevante. Questa misura è da preferire alla precedente in quanto seleziona i soggetti politici in “entrata”, imponendo ad essi un grado rilevante di rappresentatività, ma almeno non snatura l’esito del voto e la distribuzione dei seggi in “uscita”. Anche la “soglia”, così come il “premio”, altera la parità delle condizioni tra tutti i possibili competitori e tra i tanti ipotizzabili soggetti politici, con una fondamentale differenza: lo sbarramento, ottenuto l’obiettivo di escludere chi non raggiunge dei risultati minimi di rappresentatività, si arresta e lascia riespandere in tutta la sua virtualità il principio di eguaglianza tra i soggetti politici che il criterio di distribuzione proporzionale dei seggi possiede. L’alterazione in uscita opera invece una distorsione di tutto il procedimento di scelta della rappresentanza.
Invero, la misura correttiva che ritengo essere più significativa per raggiungere l’obiettivo di una riduzione della frammentazione politica e della polverizzazione della rappresentanza è ancora un'altra: quella costituita dalla riduzione del numero dei parlamentari. In questo caso, nel pieno rispetto della logica proporzionalistica, con una accorgimento affatto diverso dai precedenti, che non si propone di alterare l’esito del voto, si conseguirebbe una sorta di soglia di sbarramento “naturale”, e si renderebbe altresì più autorevole e funzionale l’organo della rappresentanza.
La forte riduzione nel numero dei parlamentari potrebbe anche essere accompagnata da una semplificazione del nostro sistema bicamerale “perfetto”: dal monocameralismo, al bicameralismo differenziato, all’istituzione di una Camera delle Regioni, sono pressoché infinite le ipotesi per superare una situazione che tutti sostengono non sopportabile, ma che tutti continuano a tollerare.
Potrei continuare nell’elencazione, ma credo che le misure indicate siano più che sufficienti per dimostrare quanto lavoro ci sarebbe da fare per chi volesse seriamente impegnarsi nella direzione indicata. A me sembrano chiari due aspetti: da un lato, come non sia difficile individuare la strada che potrebbe portare a ricercare la rappresentanza politica perduta; dall’altro, la assenza di una volontà politica e di un clima culturale disposto a percorrere la via indicata. In ogni caso, se anche non ci fosse la volontà e la “forza” politica per agire nella prospettiva indicata, credo valga comunque la pena di sollevare la questione.
3. Oltre alla rappresentanza, s’è detto, la stabilità. Anche in questo caso ritengo non sia difficile indicare misure in grado di favorire una maggiore stabilità dell’organo governo. Senza con ciò illudersi che si possa imporre una stabilità coatta in tempi di crisi della politica e di assenza di progetti politici ed ideali trascinanti.
E’ mia convinzione, infatti, che la capacità del Governo sia legata alla possibilità di attuare un indirizzo politico coerente e condiviso da parte di tutti i partiti della coalizione che lo sostengono. In tempi di crisi della politica non può stupire che i Governi non riescano ad esprimere grandi progetti, tampoco a realizzarli. La “stabilità” ricercata dagli inizi degli anni ’90 è stata inversamente proporzionale alla capacità dei partiti di progettare serie ed innovative politiche di governo. Questa la causa principale del fallimento di quelle strategie. La “stabilità” è stata configurata come una protesi di governo, per cercare di colmare il vuoto lasciato dalla fine della politica. Una artificialità che ha prodotto pessimi frutti: i ripetuti tentativi di rafforzare gli esecutivi, accompagnato dal vuoto di politica, hanno alla fine espresso tutta la loro pericolosità costituzionale nell’ultima proposta di revisione costituzionale. Svaporata nel tempo la cultura democratica dei contrappesi e della divisione dei poteri si è prospettato una forma di governo “assoluta” dove l’unica centralità ricercata era quella del governo e in esso del Premier, ogni altro organo costituzionale veniva considerato un intralcio. Poi, per nostra fortuna, il referendum costituzionale ha chiuso la partita.
Anche in questo caso è giunto il tempo di seguire altre strade, tutt’altro che ignote: quelle classiche della “razionalizzazione della forma di governo parlamentare”. Misure auspicate fin dall’Assemblea costituente, nell’o.d.g. Perassi, idonee a far valere pienamente la responsabilità costituzionale di direzione della politica generale del Governo di chi presiede la compagine governativa, mantenendo l’unità di indirizzo politico e amministrativo, promovendo e coordinando l’attività dei Ministri, così come recita l’articolo 95 della nostra Costituzione.
Basterebbe introdurre le tre misure classiche a) dell’elezione del Presidente del Consiglio– e non dell’intero Governo – in Parlamento; b) il potere di revoca dei singoli Ministri attribuito al Presidente del Consiglio al fine di sostenere l’unitarietà di indirizzo politico del Governo; c) l’obbligo di eleggere un successore nel caso di voto di sfiducia del Governo in carica (c.d. sfiducia costruttiva).
Misure sperimentate (in Germania, ma non solo), che richiederebbero revisioni puntuali della Costituzione, di adeguamento e non di stravolgimento del testo costituzionale. Una strada dunque possibile.
Potrebbe a questo punto obiettarsi che seguire la via della revisione costituzionale richiede un tempo che non è compatibile con quelli sincopati cui costringe la richiesta referendaria, ma nulla esclude che si decida “subito” di ridare voce alle ragioni della rappresentanza sacrificata in questi anni, adottando una legge elettorale che restituisca al Parlamento il suo ruolo e la sua dignità in base alle indicazioni precedentemente prospettate (sistema elettorale sostanzialmente proporzionale, con soglia di sbarramento al 5%, oltre alla riduzione del numero dei parlamentari e la differenziazione del bicameralismo che invece richiederebbero anch’esse modifiche del testo costituzionale), per poi, una volta “messi in sicurezza” il Parlamento e la rappresentanza politica, adottare le misure di razionalizzazione della forma di governo e di stabilità dell’organo Governo, che a quel punto potrebbero essere attuate con più convinzione e minori timori di involuzione autoritaria.
Nulla esclude… salvo il realismo politico. Che non è detto sia buona consigliera e comunque non è al riparo dell’onda antipolitica da cui s’è preso le mosse. Di realismo si può anche morire.

'democrazia soffice'


(*) Intervento svolto al Seminario organizzato dall’associazione ASTRID, il 28 maggio 2007, su “Quale riforma elettorale serve al Paese?” poi pubblicato il 5 settembre 2007 nel sito costituzionalismo.it

mercoledì 3 settembre 2014

Fare giustizia

La solita spiattellata di pseudonotizie sul quasiconflitto ucraino e situazione geopolitica correlata, come al solito indistinguibile da messaggi di propaganda firmati cia o mi5, ha oggi un ridotto tasso di inquietudine da terza guerra mondiale incombente: l'irosa pantomima di obama e merkel finalmente si scioglie come neve al sole del rublo, dopo aver ricevuto i primi colpi di quel boomerang che la voce del padrone ue chiama 'sanzioni'.

In controtendenza - affinché il fronte interno non sia l'unico a tenere deste le nostre preoccupazioni - sono invece i cablogrammi sul califfato, oggi in una variante ancor più da crociata vista la nuova decapitazione del giornalista usa Sotloff avvenuta ieri e quella minacciata di un giornalista britannico.

La differenza si avverte nettamente nel servizio che segue l'ennesimo vaniloquio di mentana, in particolare verso la fine, quando la voce fuori campo ci fa sapere che i britannici non se ne staranno con le mani in mano e afferma che è già pronta una task force delle forze speciali inglese per «andare a riprenderlo e fare giustizia».

«Fare giustizia».

lunedì 1 settembre 2014

Judge a magazine by its cover and a prime minister by his answers

Senza essere noiosamente retorico come l'annunziata e privo delle sue perle di saggezza tipo «un leader dura tanto quanto è efficace la sua azione di governo», le riconosco almeno di distinguersi dalle folle di scrivani adoranti la 'mossa del gelato'.
Rientra forse nella categoria "risvegli tardivi", ma c'è chi se la prende comoda e si chiede se «ha perso il tocco»!



Esseri di dubbia utilità che si guadagnano (?) il pane - o meglio, il pranzo alla buvette - sprecando fiumi d'inchiostro e tonnellate di carta per convincerci della sagacia, intelligenza e ironia della "risposta mediatica" di renzi che poi, con sprezzo del ridicolo, arriva a dire «Il giorno in cui mi pentirò di un sorriso vorrà dire che ho sbagliato mestiere»!

Come al solito è fiero di guardare il dito mentre l'Economist indica una barca che affonda, una barca su cui siamo tutti. 
Forse il 'premier' è contento del miglioramento da quando il Wall Street Journal prevedeva all'Italia del governo letta una stabilità da cimitero?

In ogni caso, si capisce che egli nota - o, anche peggio, pretende che gli altri notino - solo il dettaglio che lo riguarda dell'immgine di copertina, non prende il considerazione il quadro completo, che raffigura un draghi tra l'impotente e il rassegnato, per nulla convinto di quello che sta facendo, e la coppia merkel-hollande in prima fila nel disastro con la merkel che quasi beffarda sorride (o ci sorride), magari rimandando ai sorrisoni che insieme a sarko' ci indirizzò quando in sella c'era un sultano diverso, uno col riporto e i tacchi alti.

Non parliamo poi del titolo, #matteorispondi: stiamo colando a picco? E perché??

Mi ricorda quando un suo predecessore (uno a caso) disse «La media degli italiani è un ragazzo di seconda media che nemmeno siede al primo banco... È a loro che devo parlare.», il registro è identico.

Ovvio, finalmente tutto torna.




mercoledì 13 agosto 2014

La terra ti sia lieve

To judge is always easier than to understand.
But 'right' is far away from 'easy'.


Thank you Robin.

martedì 22 luglio 2014

la staffetta b - r deve accelerare il passo

Ma quanto mi dispiace!
Proprio mentre l'opera di "normalizzazione" delle larghe intese si sta di fatto completando - implicitamente e involontariamente realizzando la relazione pd-l lanciata da grillo tempo fa - e pare poter andare anche oltre arrivando quasi a insidiare parte dello stesso m5s, che cominciava qualche segno di cedimento.. bene proprio ora, arriva emilio fido e vuota (un po') il sacco!!




Ce la farà l'unto di Rignano sull'Arno a completare la sua perversa opera prima che la verità gli esploda in faccia con una evidenza tale da rendere inutili i suoi scrivani e rompendo i fragili equilibri di cui ha bisogno?

O magari sarà la debolezza dei conti che non fanno che peggiorare a costringerlo a una fine ingloriosa?

sabato 5 luglio 2014

Neanche una parola.

Pur non sopportando moltissime posizioni assunte da politici pd da una parte e da politici m5s dall'altra, ho sempre ritenuto di dovermi interessare di entrambi gli schieramenti e di doverci dialogare e confrontare - in modo proficuo, quando possibile.

Dal mio punto di vista, esterno a entrambi, ho assistito in questi ultimi mesi a fenomeni contrari: nei primi un generale accentramento attorno alla leadership, nei secondi non dico un allontanamento ma certamente un ridimensionamento.
I motivi di queste opposte dinamiche sono ben noti e sotto gli occhi di tutti.

Ieri è successo che un profilo facebook autochiamatosi 'Democratici Di Sinistra' mi ha chiesto l'aggiunta, che ho accettato subito - come faccio sempre, riservandomi in un secondo tempo un giudizio.
Dopo zero interazioni, stamattina quel profilo mi consiglia una pagina di un politico locale con cui già una volta ho avuto una strana esperienza e allora chiedo spiegazioni.
Agevolo una slide:




Il risultato è stato questo:



Mi ha bloccato. Senza neanche una parola.
Penso sia un record :D

giovedì 3 luglio 2014

Il tempo di renzi

Ormai si sa, durante la strategia della tensione alla «fittissima attività eversiva non erano estranei gli apparati istituzionali italiani e i centri informativi della Nato e degli Stati Uniti, che sapevano, tolleravano, vigilavano, ora spingevano, ora frenavano. Senza quella guida e quella tolleranza, il grande circo dell’eversione non serebbe durato più di qualche mese».

Precisamente quell'«ora spingevano, ora frenavano» era messo in atto non solo materialmente da infiltrati in posti chiave ma soprattutto dall'organizzazione di vere e proprie 'campagne di scopo' che puntualmente dovevano concludersi con delle 'ora x' anche se non sempre si concretizzavano con i vari tentati golpe.
Esattamente questo vuol dire l'espressione 'strategia della tensione'.


Cioè se vuoi una cosa fatta bene te la devi organizzare gestendo in modo oculato le diverse fasi temporali: 

  • se vuoi raggiungere un obiettivo finale induci un 'crescendo', o 'escalation' come dicono i tiggì, che si faccia più pressante in vista del finale;
  • se invece devi gestire un periodo lungo, e non vuoi farlo apparire uno stabile mortorio, crei tanti piccoli crescendo, magari spacciando tante piccole 'ora x' che però rimandi o realizzi parzialmente.



Ora che le bombe sono quasi solo quelle che vengono dal mondo della finanza, le tante 'ora x' propagandate da renzi - a volte lanciate come annunci ad effetto, in linea con la ormai tradizionale dichiarazia, altre volte proprio come minaccia - non sono solo un modo per apparire in tv e guadagnare consenso facendo credere di fare le cose, ma è anche il tentativo di creare una tensione, un'aspettativa, verso un obiettivo comune, perfettamente strumentale al mantenimento del consenso acquisito che va continuamente puntellato, ovviamente non solo coi tweet.



Dunque i rimandi, i mezzi passi avanti servono a mantenere quella tensione propositiva (finta?) che può poi essere capitalizzata come consenso in campagna elettorale in modo molto semplice, più o meno così:
«Ecco avete visto, ci ho provato in tutti i modi ma mi hanno messo tutti i bastoni tra le ruote. Vi chiedo ora il mandato per realizzare il nostro progetto di paese!»

E giù tonnellate di retorica per conquistare a mani basse (e definitivamente?) il potere.
È un trucco già visto, ma funziona sempre bene..
In bocca al lupo paese.

mercoledì 2 luglio 2014

Il nostro paese bloccato: un primo esempio

Il magistrato e blogger Alessio Liberati - in un silenzio distratto da altre cose più importanti come gli 80 euro, la preparazione della nazionale per il mondiale, il solito tira e molla su riforme istituzionali, la riforma della pubblica amministrazione, la riforma dell'universo mondo - ha proposto l'abolizione della giustizia amministrativa, definendola addirittura necessaria.


Certo, una cosetta da nulla per chi si vuole sbarazzare del Senato e del rischio di esserne sfiduciato, ma è potenzialmente un argomento trasversale, che può piacere a tutti per i motivi che lo stesso Liberati elenca: sarebbe una semplificazione istituzionale che porterebbe a un utilizzo più efficiente delle risorse e a una migliore diffusione delle competenze che invece corrono il rischio di restare patrimonio esclusivo di nicchie di privilegio - come del resto è sempre stato finora, ma visto che adesso tutti parlano di cambiamento, ci permettiamo qualche illusione.

Si avrebbe magari una giustizia complessivamente meno lenta, un considerevole risparmio di risorse non solo economiche e si farebbe così contenti sia i fan della spending review sia chi lamenta una giustizia troppo lenta.

Ce n'è pure per gli "anticasta", grazie ai riferimenti sui vari privilegi e conflitti di interesse che vedono protagonisti di primo piano moltissimi magistrati amministrativi.
Infine ce n'è anche per quei due o tre che ancora e davvero credono ci sia una questione morale in questo paese.


Dunque perché questa proposta non conquista le prime pagine dei quotidiani, né la ribalta del dibattito politico così da scoprirne anche i contro?
Perché oltre ad avere lati gustosi per quasi tutti i palati, pesta anche e pesantemente i calli di pochi ma potenti, non esattamente santi e magari con indosso grembiulini, anche se vige un espresso divieto per i magistrati amministrativi di appartenere a logge massoniche!


Oggi, visto il fiorire, come a primavera ma da una terra avvelenata, delle vicende corruttive appena emerse in materia di appalti pubblici, il Liberati ha colpito ancora, chiamatelo Torquemada!

Come molti altri ben più esperti e veloci a stracciarsi le vesti a seguito dello scandalo del giorno, ne trae un quadro di assoluto degrado civile e morale che in ogni modo politica, alti manager e imprenditori cercano di coprire - aiutati, non potrebbe essere altrimenti da un certo modo di 'fare informazione' - una visione immonda che sintetizza efficacemente con 
gli appalti pubblici sono ormai mafia e criminalità.

E non a caso cita il codice degli appalti che viene ormai indicato come uno strumento inadeguato e inefficiente a garantire la legalità negli appalti.
Direte, "che c'entra con la magistratura amministrativa?", c'entra eccome, si tratta del cosiddetto 'codice De Lise', scritto da una commissione composta da diversi magistrati amministrativi e presieduta da Pasquale De Lise soprannominato 'il boiardo eterno' visto che è nei 'palazzi' dal 1972 - per gli amici 'Pasqualino sette poltrone' - per anni ha presieduto prima il TAR del Lazio e poi il Consiglio di Stato - organo supremo della giustizia amministrativa, proprio deputato ad assicurare la trasparenza delle pubbliche amministrazioni e l’accesso agli atti di queste ultime, in base alle norme vigenti - e che, specialmente negli ultimi anni, con la presidenza del molto apprezzato, ma un po' 'chiacchierato' De Lise, è stato più volte sfiorato da intercettazioni, scandali e vergogne assortite, entrando anche in contrasto con lo stesso TAR del Lazio.


La visione del Liberati mette in evidenza subito un'incapacità sia strumentale sia culturale da parte della giustizia amministrativa per affrontare e arginare il fenomeno, e ne trae aggiuntive ragioni ai suoi argomenti per abolire la distinzione tra giustizia amministrativa e ordinaria.

Nell'attesa va anche oltre con una proposta per l'immediato, indirizzando al presidente del consiglio la supplica - che potrebbe essere presa per una battuta - di cambiare le competenze di TAR e Consiglio di Stato togliendo loro il sindacato su appalti, urbanistica, autorità 'indipendenti' e classe dirigente pubblica e mandandoli a giudicare controversie sulle multe stradali!!

Sembrerebbe una proposta punitiva e lesiva di una 'maestà' non sbandierata ma certamente esercitata al di fuori di ogni controllo esterno poiché è lo stesso Consiglio di Stato che decide su ricorsi e dispute sul Consiglio di Stato mentre il responsabile titolare dell'azione disciplinare nei confronti dei magistrati amministrativi è il presidente del consiglio - e non il ministro della giustizia, come per i magistrati ordinari, civili e penali! - ma, neanche dopo tutti questi fatti, non risultano iniziative in tal senso, né auspicabili, pressanti, dovute richieste di chiarezza e trasparenza su quest'area grigia, su una ristretta cerchia che esercita un potere enorme, anche se poco conosciuto e visibile, in grado di condizionare pesantemente l'attività dei governi.

Ora si sta forse muovendo qualcosa, di fronte ai sospetti di sentenze vendute nei TAR e nel Consiglio di Stato? Non mi pare, renzi sembra interessato a tutt'altro.
Una delle proposte più efficaci e d'impatto formulate da Giovanni Falcone fu la rotazione delle sezioni di Cassazione e permise la condanna nel 'maxi-processo' che altrimenti, prevedibilmente, sarebbe stato cassato dall'ammazzasentenze, nel Consiglio di Stato ritroviamo un potere decisionale nelle mani di un gruppo anche più ristretto a cui competono le cause su tutti i miliardari appalti italiani.

I risultati sono sotto gli occhi di tutti, cos'altro serve per sentire l'esigenza e mettere in pratica una riforma radicale?
Renzi sarà capace di sbloccare questo paese?
Lo vuole davvero?

venerdì 27 giugno 2014

Eurotruffa '14

Guy Verhofstadt ha appena pubblicato sulla sua fagina di facebook (sono le 17:00 del 26/6) il seguente trionfale annuncio:


EPP, S&D and ALDE will form a stable majority in the EP for the next European Commission. That means the agreement of 24 June between the EPP and S&D groups, relating to ongoing discussions, will be extended to the ALDE Group, ensuring a broader base for building a stable majority for the next European Commission.
The EPP, S&D and ALDE groups in the European Parliament agree to work to create a stable, pro-European majority in the House to defend the values and principles of European integration whilst striving, jointly, for reforms that will strengthen and improve the workings and transparency of the institutions and their effectiveness in delivering economic growth and meeting the EU's future challenges.

Saran felici gli elettori, quasi tutti (dagli 'tsiprioti' ai 'forzaitalioti') promossi a "voti utili".
A loro insaputa, ovviamente.

L'impressione immediata, non solo mia, è che sempre più le elezioni si configurino come circonvenzione d'incapace, in cui gli elettori vengono presi per scemi e i militanti anche peggio.

Il parallelo è alimentato anche dal tono e dalle parole usate in cui è facile cogliere lo stesso richiamo renziano ai "valori" (quelli di francoforte immagino), alla stabilità (auspicata o meglio invocata, come un totem), a integrazione, efficienza, trasparenza, governabilità, crescita, sfide future, frizzi, lazzi e cotillons!


O forse siamo noi brutti gufi e sciacalli che non crediamo al mistero glorioso di bruxelles: i tre candidati presidente di alde, ppe e pse - che i rispettivi elettori credevano distinti - si faranno finalmente uno (ma con tre poltrone, inevitabilmente)!

Il tutto grazie a queste sempre meno sorprendenti e sempre più estese larghe intese che manifestano finalmente in tutta evidenza la loro matrice squisitamente conservatrice, di pompieri dello status quo: ormai è evidente a tutti che i governi di larghe intese, così diffusi in tutto il continente, non sono frutto di dinamiche nazionali ma sono spinti dal livello sovranazionale che quelle dinamiche può orientare mediante leve economiche e monetarie. 




Aggiornamento del 27/6: è ormai imminente - nonostante i mal di pancia inglesi - la nomina di juncker, vedremo quale maggioranza lo sosterrà, mentre impazza il totonomine e il lavorio di renzi sul doppio binario d'alema-mogherini. Pensate un po'!

martedì 17 giugno 2014

Pezzi di carta fastidiosi in un paese senza controllo

Il 'certificato antimafia' non è obbligatorio per contratti di valore inferiore ai 150.000 euro e la soglia sale a 5milioni per opere e lavori pubblici e pubbliche forniture!
Così basta spacchettare un appalto per aggirare il controllo.
Inoltre è stata depotenziata l'informativa cosiddetta "atipica" che consentiva di prevenire ingerenze criminali escludendo automaticamente il soggetto sospettato di condizionamenti o legami mafiosi.
Perché? 

Ancora non abbiamo capito che le mafie hanno interessi ovunque circoli denaro e cioè ovunque?!
Si può anche, in modo folle e criminale, fare finta che il paese intero non soffra di un generalizzato dissesto idrogeologico, ma almeno l'ordinaria amministrazione?
È forse un optional fare infrastrutture a norma affinché non franino o cadano in testa alle persone o gestire e controllare appalti e procedure 'burocratiche' affinché la corruzione sia almeno arginata?



Il 'DURC', documento unico di regolarità contributiva, è stato recentemente preso di mira sia da Grillo sia da Renzi.
Perché?

In un paese in cui, tra disgrazie solite e disgrazie nuoveè sempre più difficile giungere a quello che poco gentilmente nei paesi anglosassoni chiamano retirement, è forse un servizio accessorio il pagamento dei contributi?


Sbotterete 'Giorgio ma dove credi di vivere?'
Sinceramente non so rispondere ma, posto che nessun sistema è perfetto e che è possibile aggirare questi controlli, voi siete coscienti che anche solo dando ragione a chi ritiene il durc un fastidio e il certificato antimafia un impiccio, solo pezzi di carta che ostacolano crescita, sviluppo, affari, state dando per scontato il totale fallimento del sistema pensionistico italiano e favorendo direttamente la proliferazione di affari illeciti?!

E i vostri elettori lo sanno??

i risultati sono sotto gli occhi di tutti.

mercoledì 28 maggio 2014

lilli gruber è una giornalista?


Stasera c'è Rodotà ospite nel programma della rossa, che nei primi 5 minuti non fa che ripetere compulsivamente la parola "sinistra", come da titolo in sovraimpressione.

Alle domande da editorialista di Rakam, sempre dettate dal titolo che stasera recita "la sinistra rinasce con renzi?", il professor Rodotà risponde - senza mai usare la fatal parola "sinistra" - una volta dicendo che renzi non ha dietro un blocco sociale (sottotitolo per i non udenti: non è "di sinistra"), poi che la coalizione che oggi sostiene il suo governo non gli consente di realizzare le belle parole usate ad esempio nella campagna per le primarie per esempio nell'ambito dei diritti civili (altro sottotitolo per i non udenti: non può fare cose "di sinistra")!

La rossa conduttrice, non nuova a folgoranti inizi e domande ficcanti, mugugna più o meno come se Rodotà non avesse risposto, fa una domanda all'altro ospite che cita un paragone renzi - dc al che lei risponde che "no! la dc difendeva altri interessi!"

SI CARA, DIFENDEVA QUELLI DI CIRILLO E LIMA!!
E da qui in poi ho smesso di ascoltare.

martedì 27 maggio 2014

Esiste un limite alle ingiurie che puoi tollerare?

C'è un essere schifoso che si permette di dire parole che non riesco a commentare.
Le trovate qui posizionando il cursore a 1 ora e 20 minuti.
C'è anche chi ha pensato bene di rimpallarle su twitter, con scarso effetto credo, eccole:


Può essere tollerato che parole del genere escano da chiacchiere da bar parlando magari di chiacchiere su favori o di presunte ingiustizie subite, ma non è accettabile che vengano propinati, su un mezzo di comunicazione a diffusione nazionale, giudizi così sprezzanti! E da che pulpito poi!!

L'ho ascoltato ma ancora non riesco a credere che possiamo permettere un insulto del genere, non riesco a credere che possano averlo permesso i rappresentanti delle istituzioni di questo paese o anche i semplici cittadini lì presenti!

Attendo ora che un parlamentare richieda un'interrogazione o che un magistrato chieda pubbliche scuse! Facciano quel che si deve, quanto meno comunichino all'essere in questione che non è persona gradita in questo paese.
Attendo insomma una degna risposta da qualcuno che abbia un briciolo di responsabilità, senso dello Stato e rispetto di sé.

Ho paura che attenderò invano.

lunedì 26 maggio 2014

chiacchiere con un amico

dai famme un'analisi del voto

l'analisi mia è che me ne son fottuto finora e me ne fotto ancora

ma dai cazzo..ma che dici?? perche?

il perché mi pare di avertelo spiegato, non ho una parte che rappresenta la mia posizione (cioè una uscita dall'euro "da sinistra")
dico solo che sbaglia chi, renzi in prima linea, ma anche lega, prova ad accreditare successi personali o di conferma alla propria linea da queste elezioni: prima tutti stringono le chiappe e mettono le mani avanti (renzi) o fanno i cavalieri serventi delle loro ragioni (salvini) poi, a bocce ferme si accreditano come successo personale un risultato assolutamente non dipendente dalle loro persone. gente demmerda.
in ogni caso si conferma la realtà come worst case scenario, manco fosse vera la legge di murphy.

domenica 25 maggio 2014

La schiavitù tornerà di moda

Cosa fa renzi quando sostiene, tra il ridicolo e il patetico, con tutta la #passione di cui è capace in quest'infuocato (si come no) finale di campagna elettorale, che con gli «80 euro in più» si può finalmente tirare un sospiro di sollievo e «andarsi a prendere una pizza con gli amici»?

La glorificazione plastica dell'italiano medio, amorfo e indifferente, questo è il renzianesimo, ecco cosa fa.


Quegli «80 euro in più» markettizzati ormai a tutto spiano, sempre dimenticando che sono FINO A 80 euro (l'importo varia in base al reddito) e ribadendo un «per sempre» (il bonus è 640 euro su base annua, nel 2014 è partito a maggio e dunque va diviso per 8 mesi, ma già l'anno prossimo saranno meno: 640/12=53,33 euro!) e un «per tutti» che sono assolutamente privi di senso!
Vedremo chi (non certo loro!) li troverà e per quanti mesi..

Quegli «80 euro in più» millantati come il più consistente aumento salariale della storia: «più grande aumento salariale mai dato in Italia, nessun sindacato lo ha mai ottenuto»!!

O con un più modesto «questa è la più grande operazione di redistribuzione che sia stata fatta da molti anni»!


Ce la ricordiamo l'ultima irrinunciabile rivoluzione renziana?
Sono almeno due mesi che ripete "entro un anno o abolisco il Senato o perdo la faccia!", ora che sappiamo che non ce la farà, ancora compare ovunque a smerciare le sue fanfaronate.
«Ripetete una bugia cento, mille, un milione di volte e diventerà una verità» sembra essere la sua regola aurea.

Quegli 80 euro promessiesaltati sempre a dispetto della mancanza di coperture, spacciate per inutili dettagli tecnici che attentano al sciogno (briator-)renziano, e ripetuti fino all'esasperazione, la mia almeno.

Senza la pazienza (e il tempo!) della proverbiale goccia che scava la montagna, controproducente nella società che viviamo, abbiamo sotto gli occhi e ci rimbomba nelle orecchie un cannoneggiamento mediatico che è necessario affinché non ci si renda conto della trave costituita dalla contropartita degli 80-euro-per-le-allodole, che però a differenza del sciogno è già da tempo pubblicata in Gazzetta ufficiale: il decreto renzi-poletti e l'estrema precarizzazione dei contratti a termine che porta con sé.

Meno immediata, ma ben più concreta del mare di chiacchiere e chiacchiere di cedolini, si tratta di una vera e propria restaurazione che già una volta fu stoppata dalla Corte Costituzionale nel 2000, tentata per via referendaria.
Il quesito fu dichiarato inammissibile perché quel decreto riporta le condizioni contrattuali a prima del 1962, avendo effetti pari solo all'abrogazione della legge di quell'anno, frutto del lavoro di una commissione d'inchiesta parlamentare, che finalmente regolarizzava i rapporti di lavoro a termine così fermandone l'abuso indiscriminato che se ne faceva già allora!
Studiare un po' non farebbe male.

D'altra parte la stessa nomina di poletti è indicativa, essendo
le cooperative i luoghi in cui il diritto del lavoro è più vilipeso e impunemente aggirato. 


Dunque non si tratta sicuramente dell'inversione di tendenza che qualcuno sperava, né di un contentino contro la crisi per arrivare meglio a fine mese, ma del classico specchietto per le allodole!


Inoltre, per meglio camuffare questa contror
iforma che abbassa ancora l'asticella dei diritti dei lavoratori, essa è vigliaccamente contenuta nella ratifica di una direttiva europea che andava precisamente nella direzione opposta!

E qui la tipica spavalderia renziana #cambiaverso.

                      


Ad ogni giuslavorista che si rispetti non sfugge la contraddizione evidente tra il testo della legge e lo spirito della norma europea (oltre che della Costituzione italiana!) e infatti il decreto ha fruttato alla coppia firmataria una puntuale e articolata denuncia promossa dall'Associazione Nazionale Giuristi Democratici, sacrosanta reazione che è stata però colpevolmente ignorata dalla "grande" informazione, come al solito.

Altroché «ripartire da chi è rimasto più indietro»!
Davvero sotto al tweet c'è il niente, mentre dietro alla strombazzata "riforma" del lavoro e al mare di parole, c'è una visione usa e getta dei rapporti di lavoro, «lavoro a tutti i costi per le persone e a costo zero per le grandi imprese».
Davvero, questi vogliono «lavoratori hungry per le paghe misere e foolish a comando come animatori dei parchi tematici»!

La schiavitù tornerà di moda?