Anche nel nostro Paese abbiamo osservato differenze molto significative sia localmente sia nei diversi momenti: il 30 gennaio il presidente Conte afferma convinto: «
’, lo stesso giorno in cui il segretario del partito democratico assicura ridendo e scherzando «
».
Nel frattempo, mentre ingolfava la democrazia, il governo assumeva, nei confronti del
demos, prima i toni rassicuranti testé riportati di Conte, Zingaretti e Speranza e ogni
iniziativa volta a
minimizzare il pericolo e rassicurare la popolazione,
garantendo prontezza ed efficacia delle misure che avrebbero disposto per fronteggiarlo, poi dava inizio a un comportamento persino sbarazzino, sicuramente irresponsabile fatto di vari
divertissement del teatrino politico: lo stesso 2 febbraio il sindaco di Firenze, preoccupato di non “offendere” la numerosa comunità cinese locale, lancia immediatamente
#abbracciauncinese con gli slogan “mangia un involtino, il vero virus è il razzismo” - di lì a poco ci toccherà invece veder
pregiudizievolmente discriminati e respinti turisti italiani, trattati come appestati - ed è presto accompagnato, a partire dal 27 febbraio, dal sindaco di Milano -
in quel giorno la Lombardia supera i 400 contagiati - con il
demenziale video #milanononsiferma (“In questo momento Milano non può fermarsi, non si deve diffondere il virus della sfiducia: Milano deve andare avanti”), si noti: Sala
sapeva bene che l’emergenza era già in corso, tanto che quattro giorni prima, il 23 febbraio, aveva egli stesso chiesto la chiusura di tutte le scuole e le università di Milano, e due giorni prima, il 25 febbraio, era stato rinviato il Salone del Mobile.
Ad accompagnarlo non poteva mancare il sostegno dello stesso
Zingaretti con gli “aperitivi solidali”, interessato non solo a promuovere la sua immagine - nella continua rincorsa del pavone Renzi - ma anche a scacciare gli spettri di una probabile crisi di governo nutrita dai mal di pancia incrociati tra renziani e grillini: “Niente panico, isolare i focolai. Il governissimo? Non c’è la crisi”.
Non è facile districare adesso i fili confusamente intrecciati della narrazione politico-mediatica e stesi a coprire giorni che sembrano ormai lontanissimi, è però necessario evidenziare che il ‘morbo’ era già da tempo in Italia:
«Ma hanno tutti la polmonite da queste parti?» si
chiede un medico di base bresciano nell'ottobre 2019. A Piacenza, nella settimana di natale, erano stati
ricoverati in 44 all’ospedale per una polmonite, sotto accusa l’inquinamento e gli sbalzi termici.
È altresì necessario sottolineare che, come riportato anche da
un quotidiano certamente non ostile, il governo già conosceva il pericolo incombente ben prima del periodo a cavallo di quegli inutili decreti, scrive il Fatto:
«Il 5 gennaio il ministero della Salute invia a vari enti tra cui l’Istituto Superiore di Sanità, l’ospedale Spallanzani di Roma e il Sacco di Milano una nota di tre pagine, oggetto: “Polmonite da eziologia sconosciuta” [...] Ai primi di febbraio addirittura si ha la certezza che SarsCov2 manderà al collasso le terapie intensive, mancano tre settimane al caos, ma la macchina istituzionale non parte [...] Gli italiani nulla immaginano. I vertici sanitari invece sì, ma queste sintomatologie non vengono trasmesse a quei medici di base che stanno sul territorio».
La macchina istituzionale non è partita perché chi ne aveva - e ha - le chiavi ha preferito baloccarsi altrimenti, con temi polemici in cui gli opposti cerchiobottismi hanno avuto modo di stracciarsi le vesti a favor di telecamere e
media a-social: se nel governo
sono ‘ore gonfie di tensione’ per vitalizi e prescrizione, ci si
consola con le notizie sulla Gregoretti, e nello stesso giorno in cui arriva il
primo contagiato ufficiale in Italia, c’è persino chi arriva a
cianciare di riforme elettorali e istituzionali. Poco prima c’era stata l’
ennesima magra figura all’€gruppo col cappello in mano e successivamente, alle prime difficoltà sanitarie,
fortemente localizzate, arriva l'apice della vergogna, il
momento Cadorna.
Davvero tutto il peggio del campionario teatral-politicante viene squadernato dinanzi agli occhi di un Paese sull'orlo del baratro da un personale politico evidentemente indifferente.
Ad esempio, senza alzare un sopracciglio, da una
acritica (perché
ideologica) decennale
esaltazione della
libera circolazione delle persone (a dire il vero favorendo il flusso attraverso le frontiere in un modo ben preciso:
spintanea uscita
da parte dei giovani e libera entrata per ‘
migranti’ e
capitali) si è
affiancata l’imposizione della quarantena per ogni cittadino recluso nelle proprie (se va bene) quattro mura: da ‘nessun uomo è illegale’ siamo passati alla
totale criminalizzazione del più semplice, normale e sano atto civile, la passeggiata, per ogni e ciascuno cittadino italiano, mentre gli sbarchi
non si sono arrestati - a dimostrare plasticamente insensata incoerenza -, esacerbando con un’assurda
coazione a ripetere le solite polemiche, di tutto c’era bisogno tranne questo.
L’8 marzo avveniva la svolta: annunciazione (intesa) solenne dell’imposizione di una clausura con un comunicato a mezzo
decreto personale, a voce,
notturno e in diretta tv, ma la messa in quarantena del Nord Italia veniva anticipata in bozza già dalle 20:15 sui siti di Corriere e Repubblica per una
gravissima fuga di notizie, scatenando il caos e provocando l’assalto ai treni verso il sud Italia dalle stazioni di Milano, poi strumentalmente stigmatizzato. Cinque ore di vuoto assoluto
hanno creato il panico e solo poi, con comodo, dopo il pranzo della giornata seguente, il blocco veniva concretizzato nero su bianco via
dpcm - sigla fino ad allora sconosciuta ai più - abusando dunque di una
delega parlamentare, Conte imponeva la massima restrizione possibile annullando la libertà di circolazione, cancellando la libertà di associazione e “si compiva la più ampia compressione di diritti e libertà della storia repubblicana sotto la diretta responsabilità del presidente del consiglio.”
L’atto in sé, usare uno strumento amministrativo per ordinare al Popolo cosa si fa e cosa no, in spregio delle libertà sancite dalla Costituzione, aggirando così il controllo del Parlamento, del Presidente della Repubblica e dello stesso, proprio, consiglio dei ministri è una vera e propria bestemmia costituzionale, che è
mistificatorio addebitare all’immobilità di un potere legislativo posto ormai in cattività,
da tempo umiliato e dunque messo in condizione di non disturbare il manovratore, come è
vergognoso indicare come necessitata dall’emergenza sanitaria: abbiamo fin qui potuto osservare quanto tempo prezioso sia stato sprecato!
La messa in scena dell’atto racconta invece qualcosa in più e che non deve sfuggire: l’ora tarda carica il momento di enorme gravità, ma il contenuto della decisione è già trapelato, diventa dunque l'esposizione di un rito - e molti altri l’hanno seguito -, il caos conseguente alla soffiata probabilmente ha reso la decisione più dura - o ha dato fittizia motivazione a una durezza premeditata? - certo è che da quel momento in avanti si è surrettiziamente instaurata una relazione paternalistica che ha snaturato completamente, come mai prima, quella tra governante e governati.
Il presidente del consiglio ha preso la parola nel cuore di quella notte e, da allora in poi, ci ha detto cosa si può fare, e cosa no, in una disintermediazione doppia: ha aggirato a colpi di dpcm ogni controllo democratico e di legittimità delle sue decisioni e grazie a mezzi tecnologici palmari interconnessi hanno portato le sue parole fin nelle camere da letto di milioni di italiani assonnati e con successive dirette e bollettini ha diretto in esclusiva la quasi totalità della comunicazione.
La grave malattia della Repubblica di cui spesso abbiam visto i sintomi ha così evidenziato una pesante accelerazione. Se in questo Paese si è deciso di costruire una democrazia parlamentare è esattamente per evitare una tale situazione.
Ma visitiamo più da vicino (o non finisce qui questa..) questa galleria degli orrori governativi, si compone di molti filoni: cominciamo con il valzer dei miliardi, si è perso il conto degli annunci “pronte le misure economiche per lavoro e famiglie”, ci hanno assicurato sospensione dei mutui, cassa integrazione rafforzata, congedi parentali, voucher baby sitter, dall'1 marzo Gualtieri
assicura: “Aiuti per 3,6 miliardi e l'Europa ci dirà sì”, quattro giorni dopo le risorse
raddoppiano, dopo altri 5 giorni si assicura: “venerdì decreto da 12 miliardi, potenziamento degli ammortizzatori,
obiettivo è che nessuno perda il lavoro” e
nello stesso lancio si parla di 12 miliardi, ma “fino al livello monstre di 25 miliardi” - a mostrare chiarezza di idee! - dopo altri quattro giorni si
rilancia magnificamente: «Questa è una
manovra poderosa, muoviamo flussi per
350 miliardi» ma il ‘denaro fresco’
resta a 25 miliardi, per il resto si
cita un fantomatico ‘effetto leva’.
Ci sono condizioni di accesso agli ‘aiuti’ e
qualcuno ad esempio chiede: “Come fa un professionista a dimostrare ORA la diminuzione del 33% del fatturato, dato che, laddove riscuota, lo fa spesso ad anni di distanza dall’incarico?” In
altre parole: “le tasse le paghi fra due mesi; gli stessi due mesi in cui non hai incassato un cazzo.” Anche la gestione dei tempi è
significativa: “i
l Decreto Legge del 17 marzo, uscito in gazzetta il 18 marzo, proroga al 20 marzo i termini scaduti il 16 marzo.” Ennesimo disastro
annunciato.
Dieci giorni dopo - verso la fine di marzo - restano i 25 miliardi e si cerca di concretizzare nel’imminente, pluriannunciato ‘
decreto aprile’ - cui si stava lavorando da
almeno dieci giorni - quelle “misure per lavoro e famiglie” di cui si vagheggiava almeno dall'inizio di marzo: 600 euro agli autonomi, aiuti alle famiglie, pagamento dei debiti statali, e la solita lista della spesa.
Nel frattempo si sparge un po' di fumo negli occhi invitando alla ‘cabina di regia’ le opposizioni - dopo diverse
pressioni del capo dello stato, per condividere il peso di decisioni evidentemente impopolari - fatta fallire per evitare ogni possibilità di ‘governissimo’ che avrebbe significato cedere il passo a
Draghi.
Altri dieci dopo ancora niente decreto ma
continua il rilancio: “oltre 400 miliardi l’intervento complessivo” e finalmente si parla di liquidità a fondo perduto, ma arrivati a questo punto, dopo aver
sentito il ministro della salute dire “Paese più forte del virus” e Conte: “La vita deve continuare in Italia, dobbiamo mantenerci flessibili”, ma tu sei in ginocchio e in una rigidissima clausura, tendi a non avere più
fiducia.
Ma il valzer continua:
prestiti e indennizzi per 40 miliardi di liquidità a fondo perduto, cifre ballerine
anche nello stesso articolo (sarà colpa di chi detta, di chi scrive o di entrambi?),
arriva il bonus per i figli, il 24 aprile arriva il
decreto aprile con 150 miliardi e la foto di Conte che firma (allora è fatta!), no:
il 4 maggio al decreto aprile mancano ancora le coperture e il 21 maggio
sparisce anche il bonus figli, se ne riparlerà l’anno prossimo, forse. Mai domo, il giorno appresso,
Conte annuncia un piano choc (?) per i cantieri, insieme al gemello diverso
Renzi cui piace sempre tale giostra,
ma è dal 13 marzo che assicurano: ‘pronte le misure!’, il Paese è stanco.
‘Decreto aprile’ e ‘600 euro agli autonomi’ rimarranno probabilmente nella storia come motti di una farsesca discesa agli inferi per il tessuto economico e sociale italiano.
Persino più ridicolo, perché fintamente altalenante e ormai stantio è il valz
€r,
telenovela in mille e passa puntate, il cui canovaccio riserva poche sorprese: c’è qualche
furbetto che prova a scappare col bottino, al massimo avviene qualche
colpo di scena che si prova subito a sopire per andare avanti come al solito, ‘
beggar thy neighbour’, e far finta di nulla.
Si sarebbe potuto risolvere entrambe le questioni con un colpo solo, trovare una stabilità con i partner europei e insieme trovare le risorse finanziarie per le politiche anticicliche di cui ci sarebbe bisogno, sarebbe bastato prendere atto che
c'è ancora fiducia in noi, nelle nostre capacità e potenzialità, ce ne da prova praticamente
ad ogni asta del debito - l’ultima ha visto un ‘
collocamento record’ - ormai da mesi, pur nella tempesta e pur guidati da
schettino e
più schettino.
A dare l’idea della ridicola pantomima in atto basti notare che buona parte dell’intero (reale) ammontare degli aiuti europei che
forse potrebbero arrivare,
chissà quando, dall’accesso a strumenti come
esm o
erf, sono già stati reperiti nelle aste svolte in questi ultimi mesi, non servono dunque agli scopi sbandierati - cioè reperire risorse: le abbiamo già trovate - e quindi servono ad altro.
Servono certamente alla maggioranza di governo per puntellare la narrazione retorica e conservare lo status quo, sia sul fronte interno: per
rappresentare - grazie al solito
infoteinment - il governo come impegnato in una
durissima battaglia, sia sul fronte esterno verso l’
€crazia: per cui l’Italia deve continuare a giocare un ruolo subalterno e quindi si gonfia l’attesa
messianica e
avvilente degli
€aiuti, ma si sa, «
gli aiuti umanitari hanno l’obiettivo di mantenere le popolazioni in una condizione di passività e dipendenza», è vero nel rapporto tra l’Africa e l’Europa, resta vero tra noi e l’ue.
L’esibizione delle molte spade di Damocle finanziarie pendenti sulle nostre teste è però servita anche alle opposizioni che oltre a fregarsi le mani sperando in un
inciampo del governo, hanno tentato in ogni modo di
polarizzare l'attenzione sul mes e i suoi fratelli sia per distoglierla da altri
imbarazzanti argomenti, sia per compattare e se
possibile accrescere il proprio consenso.
Con la stessa noncuranza ha
mandato allo
sbaraglio il personale sanitario,
in prima linea senza protezioni, ne è inevitabilmente seguito
l’estremo sacrificio,
Nel forzato asservimento che l’attuale governo ha preteso dal Popolo, sottomesso a regole illogiche, innaturali e del tutto arbitrarie c’è il pervicace tentativo di costruire una cieca obbedienza, di cui usufruire per il proprio ego, quando non la si deve portare - con le orecchie - in dono ai propri dante causa.
L’accesso diretto del ‘premier’, sfogando la propria predilezione per la disintermediazione, nelle case degli italiani ha forse convinto molti: gli è stato dato agio per dipingersi uomo forte, decisionista e ‘credibile’ - probabile preludio a un prolungato esercizio dello stesso autoritarismo di cui ha fatto finora sfoggio - ma a quale scopo? Per portarci dove?
La posizione precaria e gregaria tenuta nei consessi internazionali, lo designa al massimo come aspirante viceré di una colonia.
Termini ora questo abuso e rassegni le sue dimissioni!
(articolo apparso il 6 giugno 2020 sul blog di Frontiere)