martedì 22 marzo 2016

A(nother) history of violence

Mentre riparte la grancassa dello scontro di civiltà, che ogni volta suona sempre più falsa ma che va necessariamente spinta a volume sempre più alto, per nascondere sempre più cose - o meglio le mille variazioni di uno stesso tema: lo sfilamento dei nostri diritti uno per uno - voglio darvi un'immagine di violenza vera e pura. E vicina.
E italiana al 100%.

Sono sul treno, stiamo arrivando alla stazione, le porte sono a mezzo metro dal mio naso, il vecio davanti a tutti sta per premere il bottone dell'apertura, ma le porte si aprono prima che del suo tocco.

L'apertura simmetrica mostra un visino sorpreso ma soddisfatto e un ditino proteso appartenente a un cucciolo d'uomo di meno di 10 anni.

Mentre per un attimo il muro di gente che gli si para dinanzi rimane immobile davanti a lui, la madre che gli sta di fianco - e che al telefono bercia qualcosa di incomprensibile, probabilmente inumano - gli assesta un calcione sul lato che lo fa spostare fuori dalla gittata del fiume umano che torna a casa indifferente alla scena.

Né il calcione né l'indifferenza sono per me più violento e ignobile degli attacchi di oggi.